XIX. Sogni.
Se sogni, desideri qualcosa che non è; se desideri qualcosa che non è, sei triste; se sei triste, non riesci a godere di quello che hai; se non riesci a godere di quello che hai, lo perdi; se perdi quello che hai, ti rammarichi; se ti rammarichi, sogni di poter tornare indietro. A questo punto torna all’inizio e cerca di non sognare.
I sogni non spingono avanti il mondo, i sogni sono spinti dentro le nostre teste dal mondo, dalla mancanza, dal dolore e dalla delusione; quindi il seme da cui nascono i sogni è la tristezza. Il sogno è un qualcosa di già desiderato e non ricevuto, se continuiamo a desiderare quello che sogniamo, continueremo a vivere nella mancanza. Se smettiamo di credere nei sogni e di desiderare ciò che sogniamo, forse riusciamo a godere di quello che la vita ci ha dato.
Non sto consigliando di accontentarsi, sto suggerendo di godere di quello che esiste e che è raggiungibile, non quello che, in quanto sogno, già si rivela non disponibile per noi.
I sogni più pericolosi sono quelli più vecchi, perché il fatto che in anni di sforzi non si è riusciti a realizzarli vuol dire che sono i più lontani dalle nostre possibilità. Per esempio, io temo grandemente i sogni che mi porto dall’infanzia.
Credo che non valga dire che ciò che non era realizzabile una volta potrebbe divenirlo in futuro: nella maggior parte dei casi del genere, infatti, l’uomo che, dopo anni e anni di sacrifici e privazioni, è riuscito in quello a cui ha anelato per tutta la vita, si ritrova senza il tempo per goderne.
Qualcuno a questo punto mi direbbe: “Ma allora, seconde te, non si dovrebbero mai fare piani a lunga scadenza e ci si dovrebbe limitare ad ottimizzare la propria condizione immediata? Di giorno in giorno, senza un obbiettivo di vita ben preciso?”. Ed io a questo qualcuno risponderei: “Quello che non si deve fare non è il piano a lunga scadenza, è farlo senza considerare quali alternative sono disponibili e quali no”. Infatti, il problema è che se si dice: “Voglio questo e questo”; e poi ci si organizza per il raggiungimento di questo obbiettivo, si potrebbe sbattere la testa contro un muro indistruttibile strada facendo (il che potrebbe anche accadere fra venti anni, dopo aver “buttato” venti anni, quindi non venitemi a dire che provar non nuoce, perché può nuocere, eccome). Allora, io dico, il piano a lunga scadenza facciamolo pure, ma non partendo dal futuro (il famoso “Voglio questo e questo”) per poi “inseguire”, facciamolo dal presente per “tracciare”. Decidiamo di andare dove possiamo andare, e questo lo si vede giorno per giorno vivendo, così da non dover cambiare mai strada a causa di un ostacolo insormontabile: costruiamo la strada dove è più facile e sicuro e opportuno e divertente costruirla, per giungere dove le nostre capacità ci portano. Chi si ostina a segnare un obiettivo, un sogno, a priori, dovrà tracciare il suo sentiero per selve, rovi e rupi, perché non avrà deciso per il sentiero di vita più opportuno e proficuo, avrà solo mirato in linea d’aria un bersaglio da inseguire.
Non siamo uccelli, la linea d’aria non fa per noi.
Saluto.
I sogni non spingono avanti il mondo, i sogni sono spinti dentro le nostre teste dal mondo, dalla mancanza, dal dolore e dalla delusione; quindi il seme da cui nascono i sogni è la tristezza. Il sogno è un qualcosa di già desiderato e non ricevuto, se continuiamo a desiderare quello che sogniamo, continueremo a vivere nella mancanza. Se smettiamo di credere nei sogni e di desiderare ciò che sogniamo, forse riusciamo a godere di quello che la vita ci ha dato.
Non sto consigliando di accontentarsi, sto suggerendo di godere di quello che esiste e che è raggiungibile, non quello che, in quanto sogno, già si rivela non disponibile per noi.
I sogni più pericolosi sono quelli più vecchi, perché il fatto che in anni di sforzi non si è riusciti a realizzarli vuol dire che sono i più lontani dalle nostre possibilità. Per esempio, io temo grandemente i sogni che mi porto dall’infanzia.
Credo che non valga dire che ciò che non era realizzabile una volta potrebbe divenirlo in futuro: nella maggior parte dei casi del genere, infatti, l’uomo che, dopo anni e anni di sacrifici e privazioni, è riuscito in quello a cui ha anelato per tutta la vita, si ritrova senza il tempo per goderne.
Qualcuno a questo punto mi direbbe: “Ma allora, seconde te, non si dovrebbero mai fare piani a lunga scadenza e ci si dovrebbe limitare ad ottimizzare la propria condizione immediata? Di giorno in giorno, senza un obbiettivo di vita ben preciso?”. Ed io a questo qualcuno risponderei: “Quello che non si deve fare non è il piano a lunga scadenza, è farlo senza considerare quali alternative sono disponibili e quali no”. Infatti, il problema è che se si dice: “Voglio questo e questo”; e poi ci si organizza per il raggiungimento di questo obbiettivo, si potrebbe sbattere la testa contro un muro indistruttibile strada facendo (il che potrebbe anche accadere fra venti anni, dopo aver “buttato” venti anni, quindi non venitemi a dire che provar non nuoce, perché può nuocere, eccome). Allora, io dico, il piano a lunga scadenza facciamolo pure, ma non partendo dal futuro (il famoso “Voglio questo e questo”) per poi “inseguire”, facciamolo dal presente per “tracciare”. Decidiamo di andare dove possiamo andare, e questo lo si vede giorno per giorno vivendo, così da non dover cambiare mai strada a causa di un ostacolo insormontabile: costruiamo la strada dove è più facile e sicuro e opportuno e divertente costruirla, per giungere dove le nostre capacità ci portano. Chi si ostina a segnare un obiettivo, un sogno, a priori, dovrà tracciare il suo sentiero per selve, rovi e rupi, perché non avrà deciso per il sentiero di vita più opportuno e proficuo, avrà solo mirato in linea d’aria un bersaglio da inseguire.
Non siamo uccelli, la linea d’aria non fa per noi.
Saluto.